Lo ha sancito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
Nel corso degli ultimi tempi si sono rivolti al SAM-GILDA colleghi messi sotto accusa dai rispettivi Dirigenti, in un caso per aver registrato una riunione del Collegio dei docenti, in un altro per aver registrato i propri colloqui con i genitori.
L’uso del registratore fonico si era reso necessario, da parte dei docenti, quale strumento di auto- difesa per minacce ricevute in occasioni precedenti da parte del Dirigente e per insulti da parte dei genitori. Infatti tra le mura scolastiche, con la frequente ignavia di molti colleghi che non testimoniano in difesa delle vittime per timore di ritorsioni, si consumano talvolta veri e propri reati quali le minacce, le ingiurie, i tentativi ti estorsione. (L’estorsione è quel reato che commette colui che afferma: “se non fai questa cosa, ti farò questo…prenderò il tale provvedimento…”).
Questi reati godono quasi sempre della totale impunità e sono frequentemente componenti del mobbing.
Siccome grande è l’ignoranza in materia di leggi sotto il radioso sole che illumina le Scuole autonome, si è diffusa la convinzione errata che l’uso di un registratore sia qualcosa di illecito.
Un’idea totalmente sbagliata: le registrazioni di colloqui, riunioni, anche all’insaputa degli altri presenti, sono perfettamente lecite ed equivalgano ad una presa di appunti scritti, non solo, la cosiddetta “registrazione fonica” costituisce valido elemento di prova davanti al Giudice.
Unica condizione, perchè la registrazione (anche segreta) non costituisca reato, è la presenza, nel colloquio o riunione, del soggetto che registra. Lo stesso discorso vale per le proprie telefonate.
Ovviamente il contenuto della registrazione è soggetto agli eventuali divieti di divulgazione previsti dalle norme.
Il reato di “intercettazione” invece viene commesso da chi, estraneo alla conversazione, “capta”, con strumenti idonei, comunicazioni o conversazioni altrui, vanificando le cautele ordinariamente poste a tutela del carattere riservato.
Siccome le leggi scrivono di solito su ciò che è vietato, non su quello che è normalmente permesso, la definizione del concetto giuridico di intercettazione si è sviluppata attraverso una lunga serie di sentenze della Corte di Cassazione a Sezioni Unite Penali la quale si è pronunciata, in materia, ben nove volte. Più recente e chiarificatrice è la sentenza n. 36747 del 24 settembre 2003, di cui riportiamo alcuni passi veramente significativi:
“Il presidio costituzionale del diritto alla segretezza delle comunicazioni non si estende anche ad un autonomo diritto alla riservatezza. Quest’ultima è tutelata costituzionalmente soltanto in via mediata, quale componente della libertà personale, vista nel suo aspetto di libertà morale, della libertà di domicilio, nel suo aspetto di diritto dell’individuo ad avere una propria sfera privata spazialmente delimitata, e della libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni forma di comunicazione. In sostanza, la riservatezza è costituzionalmente garantita nei limiti in cui la stessa va ad incidere su alcuni diritti di libertà.
Immaginare che il Costituente abbia voluto imporre il silenzio indiscriminato su ogni comunicazione interpersonale è cosa contraria alla logica oltre che alla natura stessa degli uomini e tale realtà non poteva sfuggire al Costituente. La riservatezza può essere una virtù, ma non è sicuramente un obbligo assoluto, imposto addirittura da una norma costituzionale, immediatamente precettiva.”
“Ciò posto, deve escludersi che possa essere ricondotta nel concetto d’intercettazione la registrazione di un colloquio, svoltosi a viva voce o per mezzo di uno strumento di trasmissione, ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi. Difettano, in questa ipotesi, la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante. La comunicazione, una volta che si è liberamente e legittimamente esaurita, senza alcuna intrusione da parte di soggetti ad essa estranei, entra a fare parte del patrimonio di conoscenza degli interlocutori e di chi vi ha non occultamente assistito, con l’effetto che ognuno di essi ne può disporre, a meno che, per la particolare qualità rivestita o per lo specifico oggetto della conversazione, non vi siano specifici divieti alla divulgazione (es.: segreto d’ufficio)”
Ciascuno di tali soggetti è pienamente libero di adottare cautele ed accorgimenti, e tale può essere considerata la registrazione, per acquisire, nella forma più opportuna, documentazione e quindi prova di ciò che, nel corso di una conversazione, direttamente pone in essere o che è posto in essere nei suoi confronti; in altre parole, con la registrazione, il soggetto interessato non fa altro che memorizzare fonicamente le notizie lecitamente apprese dall’altro o dagli altri interlocutori.
L’acquisizione al processo della registrazione del colloquio può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all’art. 234/1° c.p.p., che qualifica “documento” tutto ciò che rappresenta «fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo»; il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica del colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi alla vittima di un’estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l’effetto che una simile pratica finisce coi ricevere una legittimazione costituzionale”.
Insomma l’uso di un registratore può essere un ottimo strumento di difesa per tutelarsi da prepotenze, minacce, insulti e ricatti che possono essere perpetrati da chi ritiene di restarne impunito per l’assenza i testimoni o per il timore che può incutere la sua posizione.
Riteniamo con questa dettagliata informazione di avere fornito un’ottima arma di difesa alle vittime di soprusi.
Rino Di Meglio